
«Questi dati mostrano solo la punta dell’iceberg. Ma bastano a far capire quanto gravi possano essere le conseguenze dell’azzardo patologico per i giocatori e le loro famiglie. A partire dalla riduzione in povertà di chi, magari, povero non era». Così Luciano Gualzetti, direttore di Caritas Ambrosiana, commenta gli esiti della ricerca sul «Gioco d’azzardo problematico» realizzata sui dati del biennio 2017-2018 raccolti in 115 dei 390 centri d’ascolto presenti in diocesi di Milano.
Ebbene: 46 centri d’ascolto – sui 115 che hanno risposto al questionario inviato dalla Caritas – «hanno complessivamente incontrato 162 persone che nel corso dei colloqui hanno esplicitato di avere problemi legati al gioco d’azzardo, proprio o di altri, anche se questi non rappresentavano la richiesta principale per la quale si erano presentati al centro», si legge nella ricerca svolta dall’Area dipendenze di Caritas Ambrosiana con l’Area Centri d’ascolto e l’Osservatorio diocesano delle povertà e delle risorse. Le loro caratteristiche? Più spesso uomini che donne, fra i 50 e i 70 anni d’età o, in seconda battuta, fra i 30 e i 49. A segnalare il problema è più spesso il coniuge che il giocatore stesso. E il maggior numero di casi si è riscontrato nella Zona pastorale di Milano.