
Ripartire senza lasciare nessuno indietro in una delle terre più colpite dal Covid 19. A partire dai nonni, la generazione martire del coronavirus che rischia di non risollevarsi. La diocesi di Brescia ha pagato un prezzo altissimo in termini di vite umane durante i mesi del corona virus (2.500 decessi tra cui 13 sacerdoti, e ancora il 31 maggio risultava la provincia con più contagi della regione più problematica). Eppure non ha mai fatto mancare il sostegno alla propria gente. Ha tenuto aperte le mense per i poveri per aiutare i senza dimora e i nuovi bisognosi con operatori, volontari e l’aiuto dei ragazzi del servizio civile che hanno scelto di rimanere al proprio posto. Si è prodigata con le parrocchie, tra l’altro destinando il Centro pastorale Paolo VI all’accoglienza delle persone dimesse dagli ospedali e che non potevano rientrare a casa.
Oggi la diocesi lombarda, famosa per aver sempre portato solidarietà in tutto il mondo, ha bisogno di aiuto e il nostro giornale le si mette al fianco insieme ai suoi lettori. La Chiesa di Brescia ha iniziato a darsi da fare per la ripartenza avviando prima di Pasqua, su indicazione del vescovo Pierantonio Tremolada, «Do.Mani alla speranza », il Fondo di solidarietà diocesana che va a sostenere le povertà cosiddette di prima soglia (i senza dimora e i più poveri cui la crisi ha tolto i pro- venti da lavori saltuari o irregolari), le famiglie, il mondo del lavoro e i servizi agli anziani soli. Sono infatti i nostri padri e le nostre madri a costituire la fascia nascosta della società più fragile davanti all’epidemia dal punto di vista sanitario e sociale, e che sta pagando un prezzo altissimo in termini di isolamento, paura e allentamento delle relazioni sociali.