
La macchina della paura non ha fatto cilecca. L’untore dalla pelle scura, però, non basta più agli sceneggiatori dietro le quinte. Ora si cerca il vero colpo di scena, di quelli che per addomesticare il consenso neanche la nobile Opera dei Pupi potrebbe concedersi: dopo averci consegnato dal mare disgrazie e pestilenze, i novelli saraceni sarebbero pronti a rischiare la vita sui barconi per portaci la morte per ordine del Daesh. Ma è davvero così?
Il rischio è antico, ma sempre scongiurato dall’eccezionale lavoro delle forze di polizia. Stavolta i “pupari” hanno però trovato un alleato imprevisto, proprio al di là dell’orizzonte. Dopo i miliardi versati alla Turchia e quelli sprecati in Libia, adesso anche Tunisi vuole la sua parte, approfittando dello scomposto allarme Covid tra i migranti che dall’isola è finito sulle prime pagine di mezzo mondo. Nei giorni scorsi, infatti, si sono perse le tracce di alcuni tunisini sbarcati in Sicilia. E dal Paese d’origine le autorità hanno fatto sapere, a quanto pare in modo piuttosto informale, che tra loro potrebbe esserci qualche ex combattente del Daesh, di cui la Tunisia è stata tra i principali fornitori. Reduci della campagna siriana che tornando a casa non hanno alternative alla detenzione, perciò s’imbarcano verso l’Europa.
«Curioso – riflette un investigatore di lunga esperienza nell’antiterrorismo – che da Tunisi si siano decisi solo adesso a dircelo, cioè dopo che di nostra iniziativa abbiamo inviato a loro le foto delle persone sbarcate e che, se sospettate di terrorismo, avremmo invece dovuto trovare nei database della cooperazione tra polizie». Difficile, perciò, sapere quanto ci sia di vero. Ma abbastanza per saltare in sella alla paura e aspettarsi dal governo italiano e dall’Unione Europea stanziamenti consistenti e generose concessioni, in cambio del blocco delle partenze.