
“Inverno demografico”, “culle vuote”: tante definizioni e poca concretezza fino ad ora intorno a un tema da cui passa il futuro del Paese. Il declino demografico avviatosi ì è stato accentuato dagli effetti che l’epidemia Covid-19. Il nuovo record di poche nascite (404mila, dati Istat 2020) e l’elevato numero di decessi (746mila), mai sperimentati dal secondo dopoguerra, aggravano la dinamica naturale negativa che caratterizza il nostro Paese. Oggi, venerdì 14 maggio, a Roma si tengono gli Stati generali della natalità, voluti dal presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari, Gigi De Palo, a cui interverranno Papa Francesco e il premier Mario Draghi. Della crisi demografica in Italia parliamo con Alessandro Rosina, professore ordinario di demografia e statistica sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Il 14 maggio sono promossi a Roma gli Stati generali della natalità: qual è la situazione oggi in Italia, secondo i dati più recenti a disposizione? La situazione è disastrosa. La pandemia non ha solo aumentato la mortalità ma ha anche ulteriormente compresso la vitalità nel nostro Paese. Il numero medio di figli per donna era già sceso nell’ultimo decennio da 1,46 del 2010 a 1,27 del 2019 inabissandosi su livelli tra i più bassi in Europa. Nel 2020 siamo diminuiti ulteriormente (1,24 secondo le stime Istat). Tale anno però risente solo a partire da dicembre del calo dei concepimenti durante il periodo di crisi sanitaria.Il punto più basso verrà quindi toccato nel 2021: a fine anno i nati saranno meno di 400mila, ovvero circa 550mila in meno degli attuali 50enni, quasi 350mila in meno dei 65enni, 100mila in meno degli 80enni.