
Il ricorso alle tecnologie digitali nell’attività di animazione pastorale, soprattutto nel periodo della pandemia da Covid-19, ha definito nuovi scenari socio-culturali che interrogano il senso di appartenenza. Quale comunità in un contesto di dispersione e smarrimento? È la domanda che fa da sfondo all’Incontro nazionale online dei direttori e dei collaboratori degli uffici diocesani per le comunicazioni sociali in programma il 13, 14 e 15 luglio. Ne parliamo con Vincenzo Corrado, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per le comunicazioni sociali.
La pandemia ha cambiato la comunicazione della Chiesa?
Ha fatto cogliere, mettendo in risalto, una caratteristica essenziale della comunicazione ecclesiale: la sua integralità, nella visione dell’Enciclica Laudato si’. Non ci sono settori o ambiti pastorali, sociali e culturali che non siano in qualche modo intercettati dalla comunicazione. Di più, se si riflette appieno, ci si rende conto come tutto il nostro essere e il nostro agire abbiano sempre un risvolto comunicativo, siano totalmente comunicazione. La pandemia ha riappropriato alla comunicazione il suo essere integrale. Con alcuni riflessi particolari: la differenza tra avere tempo e fare tempo; le dimensioni della custodia e della cura; il bisogno di uno stile narrativo; l’ospitalità dell’altro come risultato di una comunicazione piena; la necessità di rispetto e inclusione. Non un cambiamento, dunque, ma un ritorno alle origini.